
10 canzoni che hanno tentato di cambiare il mondo
Far cantare la gente per cambiare il mondo. Utilizzare testi e melodie invece di scendere in piazza. Contro politici, razzismo, fame, lotta di classe... Cosa c'è di più efficace della musica, probabilmente uno dei migliori rimedi per convincere la gente a cambiare idea? Che si tratti di sogni utopici, speranze o tentativi di spronare al cambiamento, ecco 10 canzoni che tentano di cambiare il mondo.
JOHN LENNON
Imagine
Disponibile su Imagine, 1971
Una delle canzoni pop più conosciute di tutti i tempi, Yoko Ono la descrisse come "l'essenza di quello che John credeva: che fossimo tutti un paese, un mondo, un popolo." Con il suo precedente successo "Give Peace A Chance," Lennon aveva già affrontato il problema auspicando a rendere il mondo un posto migliore. Ma è grazie alla versione della canzone del produttore Phil Spector (quella che Lennon dichiarò di aver "ricoperto di zucchero"), unita alla melodia universale, che riuscirà a trasmettere il messaggio di pace con una potenza incredibile, anche più forte di Give Peace a Chance. Secondo Lennon, questa canzone anti-tutto ("anti-religiosa, anti-nazionalista, anti-norma e anticapitalista") avrebbe potuto essere "Il manifesto del Partito Comunista." Oggi, non lontano dal Dakota Building dove John Lennon fu assassinato, si trova lo Strawberry Field's Memorial, a Central Park, dove le parole di Imagine sono state rese immortali.
BOB DYLAN
Blowin’ In The Wind
Disponibile su The Freewheelin’ Bob Dylan, 1963
"Ho scritto questa canzone in 10 minuti", ha ammesso Dylan. Incarnando il figlio delle canzone di protesta, Blowin 'In The Wind fu effettivamente scritta da un Bob Dylan che non aveva altra causa da proporre se non l'audacia da giovane attivista di 21 anni. La canzone fu immediatamente diffusa nei campus americani da studenti che avevano trovato una nuova guida nella lotta per i diritti civili e di cui seguito ne divenne l'inno. Scritta nel mezzo del conflitto del Vietnam, la metafora del vento che soffia si riferisce alla violenza, ai combattimenti e alla tensione che caratterizzavano quel periodo, anche se nella canzone non ne è presente nessun riferimento particolare. Più che gli effetti della guerra che la canzone racconta, è il contesto durante il quale è stata pubblicata che darà posterità e immortalità alla canzone.
WOODY GUTHRIE
This Land Is Your Land
Disponibile su This Land Is Your Land, 1944
Fatto interessante e anche ironico, in alcune scuole americane questa canzone viene ancora fatta imparare ai bambini. Sembra infatti che i testi originali della canzone potrebbero essere stati scritti come una critica alla politica e alla disuguaglianza e in risposta alla popolare e ultra-patriottica God Bless America di Irving Berling, cantata da Kate Smith, molto in voga all'epoca. La canzone trae ispirazione da un principio dei nativi americani secondo cui la terra non appartiene a nessuna persona in particolare e afferma la disapprovazione per la proprietà individuale, sostenendo i diritti dei poveri e dei disoccupati, Guthrie ha reso This Land un inno laico e politicamente esplosivo. Fu successivamente resa famosa da Pete Seeger.
MARVIN GAYE
What’s Going On
Disponibile su What’s Going On, 1971
Dopo aver toccato il fondo dopo la morte del cantante Tammi Terrell e aver appena fallito un tentativo di diventare un calciatore professionista, Gaye fu incoraggiato da Al Cleveland e Renaldo Benson, membri dei Four Tops, a registrare "What's Going On" originariamente offerta al gruppo The Originals e diventata un successo nel 1971. Gaye fa un appello alla tolleranza quando canta "Fratello, fratello, ..." facendo riferimento al fratello Frankie, che ha servito tre anni in Vietnam. La canzone trasmette anche un potente messaggio di pace, permettendo all'ascoltatore di dimenticare il candore delle parole: "La guerra non è la risposta, solo l'amore può conquistare l'odio".. insieme a quell'eterno groove ...
PETE SEEGER
We Shall Overcome
Disponibile su At Carnegie Hall, 1963
Senza dubbio We Shall Overcome è una delle canzoni più emblematiche del movimento per i diritti civili negli Stati Uniti. Una melodia ispirata da un canto cristiano, un gospel di Charles Albert Tindley, We Shall Overcome è stato l'inno della marcia per la pace e delle dimostrazioni contro la guerra, usata persino da una folla di oltre 300.000 persone durante la famosa marcia per Martin Luther King nel 1963. La canzone è stata registrata da Pete Seeger, veterano del movimento folk, ma anche da Bob Dylan e Joan Baez, Joe Glazer, Frank Hamilton, Mahalia Jackson e Bruce Springsteen, dimostrando la forza di questo testo senza tempo che rimane particolarmente vivo per generazioni a venire.
THE JIMI HENDRIX EXPERIENCE
The Star-Spangled Banner
Disponibile su Live at Woodstock, 1969
Interpretato e immortalato per i posteri a Woodstock, la versione dell'inno nazionale americano, disseminato di distorsioni, feedback e vibrato, denuncia la presenza americana in Vietnam. Hendrix suona la chitarra con una tecnica incredibile, facendo uscire sonorità che esprimono grida umane, sibili di proiettili e l'orrore della guerra. Un'esperienza sonora sbalorditiva, uno dei più grandi brani strumentali della storia del rock, è anche uno dei primi a suggerire il possibile patriottismo esacerbato dell'America. Interessante notare che i tamburi, sebbene presenti nella traccia originale, sono quasi completamente scomparsi dalla maggior parte dei mix realizzati dopo Woodstock, un tentativo di promuovere un suono simile al rock ed evidenziare il trittico chitarra-basso-batteria. Tanto di cappello!
U2
Sunday Bloody Sunday
Disponibile su War, 1983
The Edge (nome d'arte di David Howell Evans, chitarrista principale della band) suona il prepotente riff della prima canzone dell'album War (l'album più popolare della band irlandese). Inizialmente, la canzone non era stata concepita per essere una canzone di protesta. Nel tempo, è diventata la canzone più apertamente politica degli U2. Racconta la storia degli eventi del 1972 nella città di Derry, comunemente chiamata Bloody Sunday. Quattordici manifestanti pacifici, metà dei quali di età inferiore ai 19 anni, sono stati uccisi dall'esercito britannico partecipando a una marcia per i diritti civili in cui veniva chiesta la fine della discriminazione politica nell'Irlanda del Nord, oltre alla la fine della discriminazione politica, economica e sociale dei cristiani dalle autorità cattoliche.
JAMES BROWN
Say It Loud – I’m Black and I’m Proud
Disponibile su Say It Loud – I’m Black and I’m Proud, 1969
Nel 1968 in un'America che non si era ancora riconciliata con la sua storia, e solo pochi mesi dopo l'assassinio del pastore Martin Luther King, James Brown cantò: "Dillo ad alta voce! E [i bambini] rispondono: "Sono nero e sono orgoglioso!" Il messaggio è indirizzato direttamente alle generazioni future, ma anche alle centinaia di migliaia di afro-americani che erano stati costretti a ignorare la loro rabbia. Stranamente, la canzone è stata registrata nella periferia di Los Angeles, e la maggior parte dei bambini reclutati per il brano erano caucasici o asiatici, pochi afro-americani. La canzone divenne un momento culminante dei concerti dell'artista, ma gli costò una parte del suo pubblico "crossover", come ha riconosciuto nella sua autobiografia: "La maggior parte del pubblico era nera, ma non mi pento di nulla. " Per paura che il suo messaggio fosse male interpretato, Brown smise di cantarlo. Da allora innumerevoli gruppi hanno usato estratti della canzone.
MIDNIGHT OIL
Beds Are Burning
Disponibile su Diesel And Dust, 1987
Il capolavoro di Midnight Oil trasmette un forte messaggio sull'ecologia anche in un momento in cui il rock era in declino. Composto dopo che il gruppo aveva trascorso un intero anno nel deserto australiano con gli aborigeni, l'album "Diesel And Dust" includeva canzoni forti come Dream World o Put Down That Weapon e voleva rendere le persone consapevoli della fragilità di questo mondo e di quelli che lo abitano. Beds Are Burning, la canzone più conosciuta della band, è diventata una vera icona ed è molto spesso citata nelle 500 canzoni che hanno fatto la storia del rock.
RAGE AGAINST THE MACHINE
Killing In The Name
Disponibile su Rage Against The Machine, 1992
Cosa potrebbe esserci di più forte che dichiarare la rabbia nei confronti del sistema sia nel nome della band che in quello dell'album? Assolutamente nulla, escluso il singolo dell'album è ancora più potente del nome. Pubblicato nel 1992 negli Stati Uniti, Killing In The Name arrivò in Europa solo due anni dopo, nel 1994. La canzone, come molti altri successi dei RATM, denuncia i legami tra i poteri politici e il Ku Klux Klan. Zack de la Rocha ha riversato nella canzone tutta la sua rabbia ricevendo una risposta di milioni di fan in tutto il mondo.
Pubblicato il : 1 dicembre 2019